Storia della Città Romana di Suasa

La genesi dell’abitato di Suasa deve essere fatta risalire al processo di romanizzazione conseguente alla battaglia di Sentinum dell’inizio del III sec. a.C (295 a.C.).

lI territoro sottrato ai Senoni, ager gallicus, fu distribuito, in singoli lotti assegnati ad personam, con la promulgazione della lex Flaminia de agro gallico et piceno viritim dividundo(232 a.C.), a coloni romani. In questo clima generale Suasa nacque dunque come praefectura, cioè come centro amministrativo asservito ad un territorio immediatamente alle spalle di Sena Gallica, prima colonia marittima sull’adriatico.

Una riprova di tale precoce nascita è desumibile anche dalla posizione della città alla destra del fiume Cesano, non condizionata dunque dal diverticolo della Flaminia (220 a.C.) – la Helvillo-Ancona – che corre a sinistra del fiume. La città è dunque antecedente al consolidarsi del nuovo itinerario incentrato sulla Flaminia.

Nel corso della seconda metà del I sec. a.C. Suasa divenne Municipium e le indagini archeologiche ci indicano che nel I sec. d.C. conobbe un periodo di grande prosperità che ebbe il suo apice nel periodo medio-imperiale (II sec. d.C.). E’, infatti, da ascriversi al I sec. d.C. la monumentalizzazione della città, quando si dota, ad esempio, dell’anfiteatro e del foro con spiccato carattere commerciale.

Dalla seconda metà del III sec. d.C. si intravedono alcuni segnali di un lento e progressivo decadimento della città. Nei secoli successivi l’abitato cominciò ad essere lentamente abbandonato, ma la totale mancanza di livelli di distruzione violenta esclude l’ipotesi fatta propria dalla tradizione storiografica che ne vuole la distruzione da parte dei Goti di Alarico nel 409, un anno prima del sacco di Roma.

 

Suasa continua a sopravvivere almeno sino al V-VI sec. d.C. e la sua lenta fine è da inserire in quel generale fenomeno di abbandono dei centri di fondovalle, privi di difese e di interesse strategico, a favore dei nuovi centri arroccati sulle alture circostanti. In particolare, l’abbandono della città è da mettere in relazione alla instabilità politico-militare venutasi a creare con la guerra greco-gotica (535-553 d.C.), trovandosi, inoltre, su un itinerario alternativo alla via Flaminia (facilmente controllabile all’altezza della galleria del Furlo) e quindi battuto ora da uno e ora dall’altro esercito.

Suasa divenne dunque una città abbandonata e i resti dei suoi edifici divennero temporanei rifugi per i viandanti (soprattutto quelli sul fronte stradale) o utilizzati come cave di prestito per la costruzione dei nuovi abitati sorti sulle alture.

L’abbandono e la progressiva opera di spoliazione decretarono il seppellimento e la cancellazione della città; il terrazzo fluviale su cui essa sorgeva divenne un’area a vocazione agricola soggetta all’Abbazia di S. Lorenzo in Campo, insediamento monastico che sorse sulla riva sinistra del Cesano, su un alto punto che dominava il fondovalle, ubicazione che ci indica chiaramente che l’intero fondovalle era oramai spopolato e male assistito dal tracciato stradale.

(fonte http://www.progettosuasa.it)

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